Cent’anni di parole di “Vita e Pensiero”

«Noi vogliamo ricondurre gli uomini all’Assoluto!»

è una delle aspirazioni con cui padre Gemelli vara “Vita e Pensiero” all’inizio del secolo scorso. Dal primo numero composto a piombo e datato 1° dicembre 1914 fino alle annate del nuovo millennio anche in formato digitale lo sviluppo del pensiero della rivista, un pensiero aperto, si può ripercorrere attraverso una storia editoriale entrata nel vivo del contesto sociale del Paese.

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Nelle pagine del periodico le trasformazioni della cultura novecentesca emergono in modo interdisciplinare anche attraverso l’evoluzione grafica con cui l’Università Cattolica fa uscire dalle aule la riflessione scientifica e l’impegno educativo. È la sfida che plasma editorialmente un mezzo di comunicazione non effimero che ha la capacità di incarnarsi nella società sempre più secolarizzata senza timore di un confronto anche serrato con le opinioni non ortodosse, nel solco tracciato e seminato dalla Chiesa specie dopo il Concilio Vaticano II.

In un editoriale del 1970 Giuseppe Lazzati constata che «capita nella storia d’ogni generazione un momento in cui essa si trova travolta dall’incalzare delle novità e delle problematiche. E può accadere che tema di non reggere allo smarrimento che comporta la sensazione di farsi sopravanzare dalla dinamica convulsa d’una cultura che muta prospettive e fondazioni, d’una religione che cambia volto, d’una scienza e d’una tecnologia che paiono sfuggire al controllo dell’uomo, in conseguenza dell’impulso di accelerazione che proprio lui gli ha impresso». Secondo il rettore di allora per intervenire su questa situazione, dopotutto oggi ancora attuale, «importa che una simile constatazione diventi ragione di riscatto, non già di inizio di rinuncia», con un impegno assiduo: «interrogarsi, domandare, ascoltare e vedere». Sono gli atti semplici ma imprescindibili fatti propri da “Vita e Pensiero”.

VeP 1981La rivista è così un vascello di parole di carta che sa tenere la rotta nelle onde burrascose del cambiamento – tra guerre, contestazione del Sessantotto, anni di piombo e nuovi processi politici e sociali di fine secolo – grazie a timonieri, i rettori, che hanno eletto la rivista a espressione del carisma educativo e riflessivo dell’ateneo dei cattolici italiani. Sono loro i direttori che, come scrive Lazzati, vogliono «rinnovare la nostra decisione di uomini di cultura, di uomini che cercano» in una dimensione di carità e fede: da Gemelli a Vito, da Franceschini a Bausola e Zaninelli, sostengono «quei nuovi processi – di cultura e azione – cui sarà indispensabile dare avvio, se vogliamo generare “dinamiche nuove”», secondo quanto scrive nell’editoriale d’inizio 2014 Lorenzo Ornaghi, predecessore dell’attuale rettore Franco Anelli. Per questo la scelta dei collaboratori cerca da sempre di dare voce e mettere in luce alcuni vertici della riflessione contemporanea con firme autorevoli di costruttori della res-publica cristiana del nostro tempo che vanno da Maritain a Luzi, da Moro a Scalfaro, fino a Wojtyla e Madre Teresa di Calcutta.

1933_V&PLungo il secolo non si è affievolita la tensione delle origini espressa nel celebre primo articolo intitolato Medioevalismo in cui Gemelli propone una visione unitaria dei problemi, ancora valida nell’epoca attuale di dispersione e globalità. Qui si riproduce in parte questo vero e proprio manifesto facendo lo stesso con estratti di altri articoli che segnano i decenni del periodico, creando una sorta di antologia che «è sempre una scelta e quindi una limitazione», come già scrive nel 1964 un altro maestro dell’ateneo, Francesco Mattesini, nel raccogliere in oltre duemila pagine il meglio dei primi cinquant’anni della rivista. Diversa è l’impostazione odierna del presente fascicolo che traspone sulla pagina una sintesi ridotta di quanto pannelli e teche hanno mostrato in occasione delle giornate del centenario: immagini e parole raccolte senza pretese storiografiche per restituire soltanto un’idea e un pensiero di editoria e di cultura che è sempre una mediazione intellettuale, come la rivista stessa, tra valori e pubblico o, meglio, per citare il titolo stesso, tra il pensiero e la vita, che è poi vita e pensiero di uomini e donne ben oltre i caratteri tipografici di ogni numero.

La carica di umanesimo, che resta l’eredità fondamentale dell’Università Cattolica nelle pagine di un secolo. è racchiusa nelle dieci parole che la direzione della rivista coordinata da Roberto Righetto ha individuato per rappresentare le tappe di un cammino giunto al traguardo del secolo di vita, il più delle volte impossibile alle riviste di cultura del Novecento.

La mostra e il piccolo catalogo cercano quindi di dare alcune suggestioni dell’avventura culturale di “Vita e Pensiero” spigolando nel passato, tra le carte della storia conservate nell’archivio universitario sotto la guida di Maria Bocci, per lasciare un segno nell’oggi nell’ottica comunicativa dell’ateneo impostata in questi anni da Gerardo Ferrari. Val la pena soltanto accennare di sfuggita alla difficoltà di reperire documentazione specifica prima del 1943, andata distrutta dal bombardamento della sede, e degli ultimi decenni della casa editrice non ancora ordinati e consultabili. Gli allievi e i giovani studiosi del Laboratorio di editoria hanno delineato, all’interno di un progetto didattico, uno dei possibili percorsi dentro la storia dell’istituzione culturale più antica dell’ateneo, aprendo prospettive e ipotesi di ricerca che ci si augura possano essere percorse, che potranno andare dall’allestimento di un indice generale della rivista alla ricostruzione della vicenda, nel 1918 anch’essa centenaria, della casa editrice, la prima university press italiana, nata dalla rivista.

_72 aL’auspicio è che possa essere condivisa l’emozione, vissuta da chi ha allestito queste pagine, di leggere una riflessione anticipatrice di padre Semeria sul disarmo scritta allo scoppio della Grande Guerra e poi trovare, annate dopo, all’indomani della Liberazione, le parole di Romano Guardini su quanto sia «una grazia immensa poter vedere ciò che è la pace». Curiosamente poi l’immagine sulla copertina del primo numero proponeva tre colombe che si abbeverano alla fonte della cultura e della fede e in periodo bellico non poteva esserci simbolo più chiaro di pace e speranza. È un esempio fra i moltissimi offerti dal periodico dell’Università Cattolica, che entra così nella storia e nella vita culturale italiana ed europea proponendo, secondo il pensiero del fondatore espresso nel primo numero cento anni fa, «una cultura capace di permettere alla personalità umana di svolgersi, creando il pensiero».

 

Roberto Cicala

DSCN0655(introduzione, con il titolo Il cammino editoriale di un pensiero aperto che è vita, al catalogo della mostra Cent’anni di parole di Vita e Pensiero. La rivista di cultura dell’Università Cattolica: 1914-2014, Vita e Pensiero-Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica, Milano 2014, pp. 8-10)

 

Nella foto uno scorcio dell’allestimento

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